Cosa distingue un laboratorio orafo artigianale, il lavoro di un artigiano che ha scelto e tramanda l’arte orafa per esprimersi nel suo lavoro, rispetto a una gioielleria, un punto vendita di un brand più o meno noto, anche ammettendo il virtuoso caso che sia nato come bottega, abbia industrializzato la produzione e si proponga infine al pubblico con prodotti seriali?

Vorrei raccontarvi delle 5 À. Si tratta di un classico giochino di parole, ma funziona sempre e mi aiuta a mettere bene in fila i pensieri.

Premessa: non si tratta di affrontare il tema della bellezza della produzione, ogni gioiello nasce da un numero 1 sia che rimanga tale e venduto ad un cliente diretto, sia che diventi qualcosa di seriale e il designer/artiginao o aziendale mette tutta la sua capacità ed estro creativo nel produrre un oggetto bello. Le cinque A con l’accento sono in fondo ad altre parole, non all’estetica, bensì hanno a che fare con l’anima.

Unicità.
Qualità.
Progettualità.
Flessibilità.
Familiarità.

 

Unicità.
Il gioiello artigianale è sempre un pezzo unico

Dicevamo che anche i brand e la loro produzione seriale, partono da un pezzo n°1, ma nel caso del laboratorio orafo artigianale la differenza sta nel fatto che quel pezzo numero rimane uno e quindi unico. Il gioiello viene realizzato per un cliente, che nella gran parte dei casi è un uomo che lo commissiona per regalarlo alla sua donna o a una delle donne della sua vita.
Certo alcuni modelli possono essere di collezione (qui la collezione di anelli di fidanzamento by Meda Orafi), ma vale la pena innazitutto segnalare che le molteplici possibilità di personalizzazione (il colore dell’oro, le pietre, il colore e le dimensioni delle gemme, il numero di griffes di un castone) rendono ogni modello unico anche se con una base di partenza simile ad altri.

In tutti gli altri casi, ovvero nei modelli su disegno originale la personalizzazione si trasforma in unicità: come per qualsiasi processo creativo, anche il design di un gioiello è una attività che influenzata da molti fattori, sostanzialmente dal vissuto dell’artigiano/designer, dalle condizioni specifiche del momento (quale tipo di design di settore è in voga nel momento specifico), dalle sollecitazioni complementari a cui si espone il designer (letture, motre, cinema, cultura…).

A ciò si aggiunga che il designer non è un’artista, non ragiona mai in termini autoreferenziali, ma utilizza le sue competenze e la sua creatività al servizio di un altro, il committente; la produzione artigianale risente di questo dialogo e di questa comprensione dei gusti e delle richieste di chi si rivolge al designer di gioielli. E se il committente è un soggetto terzo, il buon artigiano si informerà sempre dei gusti di chi dovrà indossarlo, creandosi così una commistione plurima tra chi lo realizza, il cliente committente e chi portarà su di sè il gioiello. Ogni attore mettere nel processo di ideazione di un gioiello artigianale un pezzo di sè (o quanto meno della propria capacità di leggere i gusti di un altro).

Un artefatto che nasce da questa delicata e complessa interazione, come potrà non essere un gioiello unico?

 

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Qualità.
Le mani un orafo sono più accurate di uno stampo industriale

Parliamo di qualità? Si tratta di una bella sfida il paragonare una produzione industriale seriale e una produzione artigianale unica e ocorrerebbero molte informazioni per confrontare le due tipologie di realizzazione. Oggi nell’ambito della produzione si parla di prototipazione realizzata con stampanti 3d che verranno fra poco collegate a intelligenze artificiali a cui basterà esprimere un desiderio perchè lo realizzino in tutto e per tutto “come lo farebbe un artigiano”. (Accelerando lungo questa devastante, potremmo arrivare a dire che fra qualche anno non avremo bisogno di realizzare neanche quello, perchè saremmo tutti orgogliosi dei nostri anelli digitali alle dita digitali dei nostri avatar digitali nel metaverso… brrrr).

Al netto del fatto che io preferisca ancora le mani consistenti di una donna consistente rispetto al di lei simulacro digitale, torniamo alla realizzazione di un gioiello.

Come prima cosa, rispetto alla prototipazione, consideriamo quanto detto al paragrafo precedente, ovvero la bellezza di una realizzazione unica e/o personalizzata. C’è poi da aggiungere, che il termine qualità non si riferisce quasi mai alla bellezza di un prodotto (in quel caso c’entra il design), ma piuttosto alla consistenza di una cura realizzativa che supervisioni personalmente la produzione, corregendo e intervenendo sulle piccole increspature che la realtà ci pone davanti ogni giorno, che nel caso di un orafo sono la tipologia della materiale di base, l’esecuzione dei diversi passaggi di filiera, la valutazione degli elementi migliori per qualità avendo come obiettivo la bellezza…

Per fare un esempio banale, selezionando le pietre da abbinare alla base di un gioiello, se non intervenisse il sapiente discrimine dell’artigiano, ma fosse tutto rigidamente affidato ad una selezione meccanica, non sarebbe possibile proporre al cliente gemme dalla colorazione più brillante anche se leggermente più costose, oppure più piccole e di qualità maggiore rispetto alle dimensioni inizali del progetto realizzativo. E non si tratta solo di una questione di margine, anche un modello matematico può avere dei range di variazione rispetto all’input standard, ma una questione di valutazione, di esperienza al servizio della buona riuscita della produzione, in estrema sintesi è sempre una questione di relazione che l’artigiano ha con il proprio lavoro e la persona per cui lo esegue.

Da ultimo, ritornando a quella frasetta “come lo farebbe un artigiano”, abuso ancora un po’ della pazienza di chi stia leggendo per sottoporre questa storia che ha protagonista Nick Cave, ma vale anche per chiunque si occupi di arte e/o artigianalità.

 

Progettualità.
Il gioiello non è un prodotto, ma un progetto artigianale realizzato insieme

Ed eccoci al punto centrale e in effetti nodale della vicenda. L’orafo e il suo cliente realizzano insieme un gioiello. Non ci sono molte altre parole per esprimere questo concetto. Mettono in comune entrambi le proprie risorse (denaro, tempo, immaginazione, creatività, passione, competenza e di nuovo tempo…) perchè diventi realtà qualcosa che prima non c’era , o era sparpagliato in pezzi o senza una forma indefinita. Perchè ciò avvenga ci vuole energia e un metodo, pietre miliari di un percorso realizzativo – in genere si chiama progetto.

Tutto inizia con un contatto, poi una telefonata preliminare, il recupero di idee e materiali (le pietre) prima ancora di essersi mai visti, poi l’appuntamento nel giorno dedicato, il disegno condiviso, la stima dei costi, l’approvazione e la produzione vera e propria fino all’appuntamento di consegna. E il post vendita, con la regolazione della misura.

La prima fase è ovviamente quella più delicata rispetto al risultato finale, perchè spesso l’artigiano/designer dovrà intepretare i gusti di chi si strova davanti o guidarlo nelle scelte. Spesso poi la persona che commissiona non sarà il destinatario del gioiello (ad esempio, in un anello di fidanzamento) e quindi il lavoro di intepretazione diventa una triangolazione tra la capacità intepretativa dell’artigiano, i gusti della destinataria e il filtro (e il compiacimento) di chi regala.

E da cliente – o consumatore, come ci stanno sempre più portando ad essere – la persona nel laboratorio orafo diventa partecipe di un progetto.
È relazione.

 

 

Flessibilità.
L’artigiano non ha orari di lavoro, perchè il lavoro è la sua vita

“Sono le 17.45, inizia a tirare già la saracinesca”.
Questa frase in un laboratorio orafo non la sentirete mai.

L’artigiano non chiude mai e se a volte chiude bottega per andare a casa, sta comunque pensando ancora a quel problema realizzativo, a quella soluzione tecnica, a quella richiesta arrivata all’ultimo e a cui non ha ancora dato risposta… è il suo lavoro, la sua passione. La sua mente, il suo impegno fisico sono a volte da generazioni assorbiti dal proprio mestiere. Gli appuntamenti non hanno orari nemmeno nella loro durata perchè il processo di conoscenza tra l’artigiano e il suo cliente ha bisogno di ogni dettaglio utile e di tutto il tempo necessario per fare valutazioni e prendere decisioni.

 

 

Familiarità.
In un laboratorio orafo non troverai mai dei clienti, ma persone che entrano in relazione

La parola l’abbiamo già usata molte volte. Potrebbe aver già annooiato, ma che si diventi amici o che si resti su piani di rispettosa conoscenza non fa differenza, l’artigiano orafo e il suo cliente creano un particolare sodalizio, una coalizione per tramare nascostamente la preparazione di un regalo, di una sopresa. Spesso quando si chiama un cliente, chiediamo se può parlare e capita di dover riagganciare perchè in presenza della sua lei… È una grande macchinazione alle spalle di una ignara fortunata.

E al termine di questa carboneria, tornano felici insieme per la regolazione della misura e così l’artigiano conosce la seconda metà del cielo del suo cliente. E ci si racconta gli appuntamenti e le telefonate finte, gli incontri con gli occhiali e i baffi finti per scambiarsi il prodotto finito in extremis prima delle vacanze estive…

E poi dopo qualche tempo, quei due richiamano l’artigiano e prendono un nuovo appuntamento ed entrano emozionati nel laboratorio orafo, stavolta per delle fedi matrimoniali. E si stringe di nuovo quel rapporto che il tempo ha trasformato da relazione a familiarità.

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